Ciao Rumors. Oggi vi presento in anteprima Invisibile di David Levithan e Andrea Cremer. Una magica storia d’amore tra un ragazzo che ha la maledizione di non poter essere visto e l’unica ragazza che può vederlo... Elizabeth.
Titolo: Invisibile
Autore: David Levithan e Andrea Cremer
Editore: Newton Compton
Genere: Fantasy
Prezzo: Eur 4,99
In uscita il: 14/01/2016
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Stephen è abituato a non essere notato. È nato così. Invisibile. A causa di una maledizione. Elizabeth ha desiderato spesso di essere invisibile. Se la gente non ti vede, nessuno può ferirti. Quando i due si incontrano però, qualcosa cambia per sempre nelle loro vite. Stephen si accorge con stupore che Elizabeth riesce a vederlo, e la ragazza si rende conto che desidera essere vista da Stephen, che non ha paura di mostrarsi a lui. Cosa sta succedendo? Da dove ha origine la maledizione che pesa sulla famiglia di Stephen? All’improvviso i ragazzi si ritrovano catapultati in un mondo segreto popolato da maghi e stregoni, di fronte a una scelta difficile, che mette in gioco il loro amore e le loro vite.
Sono nato invisibile.
Non so come andarono le cose. Mia madre si recò in ospedale
aspettandosi un bambino normale, visibile? O credeva nella
maledizione, sapeva cosa sarebbe successo e quindi partorì in
segreto? È un’immagine così strana, persino per me: un neonato
invisibile, introdotto nel mondo. Come fu quel primo momento?
Quando mia madre mi tenne in braccio e non c’era nulla da
vedere, solo percepire? Non me l’ha mai detto. Per lei, il passato
era invisibile come io ero invisibile. Le sfuggì di bocca che era
una maledizione, alcune brevi parole con mio padre, che non
avrei dovuto sentire. Ma ormai era fatta. Nessun perché. Nessun
percome. C’era solo quel fatto, nudo e crudo, ed era la mia vita.
Invisibile. Sono invisibile.
Voglio continuare a chiedere ai miei genitori perché. Voglio
continuare a
chiedere ai miei genitore come. Ma non posso più.
Se ne sono andati ormai.
Mio padre ci ha lasciati quando io ero piccolo. Era troppo
per lui.
Mia madre ha resistito quanto più ha potuto. Quindici anni.
E poi il suo corpo ha ceduto. Una vena nel cervello.
Sono solo da quasi un anno ormai.
Nessuno può mai vedermi, per quanto mi sforzi. Posso essere
toccato, ma solo se mi concentro. E posso sempre farmi sentire,
se scelgo di parlare. Queste, immagino, sono le regole della maledizione.
Mi ci sono abituato, anche se non le capisco. Quando
ero un neonato, avevo automaticamente un peso, ma più di invisibile
ventavo cosciente più dovevo concentrarmi per essere tenuto.
Non mi dissolvo: una parte di me è sempre lì, non attraverso il
pavimento o le pareti. Ma toccare… ecco, quello richiede uno
sforzo. Non sono solido per il mondo, ma il mondo è solido
per me. La maledizione è un’intricata e spesso contraddittoria
ragnatela, e io ci sono nato all’interno. Sono un inconsapevole
schiavo dei suoi progetti.
In una città come New York è semplicissimo essere invisibili,
fintanto che hai un padre assente che contribuisce al tuo conto
in banca di tanto in tanto. Qualsiasi cosa – generi alimentari,
film, libri, mobili – può essere ordinata su Internet. Non c’è mai
bisogno dello scambio di contanti. I pacchi vengono lasciati
fuori della porta.
Il più delle volte sto in casa, ma non sempre.
Vivo a quattro isolati da Central Park, e trascorro la maggior
parte dei pomeriggi lì. È dove scelgo di vivere la mia vita priva
di tracce e ombre. Sono solo un’altra parte dell’universo. Sono
negli alberi, nell’aria, vicino all’acqua. A volte rimango seduto su
una panchina per ore. Altre vago per il parco. In ogni momento
osservo. Turisti e gente del luogo. Persone che portano fuori il
cane ogni giorno a mezzogiorno in punto. Gruppi di adolescenti
che schiamazzano per attirare l’attenzione dei coetanei. Anziani
che, come me, rimangono seduti e osservano ciò che hanno intorno,
come se avessero tutto il tempo del mondo, quando nel
profondo sanno che è vero l’esatto opposto. Osservo tutti loro.
Ascolto le loro conversazioni, sono testimone delle loro confidenze.
Non dico mai una parola, tanto che tutti loro sono più
coscienti degli uccelli, degli scoiattoli, del vento.
Non esisto. Eppure esisto.
Mi manca mia madre. Quando ero piccolo, mi ha insegnato
a concentrarmi, a dare a me stesso un peso quando l’istinto cominciava
a scomparire. In quel modo poteva portarmi ancora
sulle spalle, dirmi di aggrapparmi a lei. Voleva che vivessi nel
mondo, non al di fuori. Non tollerava nel modo più assoluto
che mi comportassi male: non si rubava, non si spiava e non ci
si approfittava di nessuno. Ero maledetto, ma non dovevo maledire
gli altri. Ero diverso, sì, ma non ero meno umano di tutte le
altre persone. Perciò dovevo comportarmi come ogni altro essere
umano, anche se non mi sentivo affatto umano.
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