Ciao a tutti. Eccoci a presentare la sesta tappa del blogtour Il fuoco dell’inganno di Nora Cocian. Nella nostra tappa vi faremo leggere dei estratti e vi mostreremo dei teaser del libro.
Autrice: Nora Cocian
Editore: Self Publishing
Genere: Thriller/ Romance
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A un anno e mezzo di distanza dal mancato matrimonio di Chiara e Roscoe cos’è rimasto di loro? Non c’è ancora pace per la famiglia Mac Talbot. Mentre in Italia Chiara cerca di ricominciare a vivere, qualcuno a Blantyre ordisce un complotto per eliminare definitivamente i fratelli superstiti. Saranno una serie di sciagurati eventi tra Blantyre, Roma e Freetown a influenzare ancora le vite di Damian e Gladys portandoli faccia a faccia con la morte. L’ingresso di nuovi protagonisti spezzerà l’equilibrio precario di alcune relazioni e la natura di Brian sarà proprio il primo banco di prova da superare.
Nora Cocian ha origini abruzzesi, e dopo il matrimonio si trasferisce a Roma dove vive da 26 anni. Vanta studi classici e una laurea in lingue e letterature straniere. Si è dedicata all’insegnamento, ed è diventata una customer service in ambito estero. Attualmente si occupa di volontariato per la tutela della donna e ha cominciato ad interessarsi della scrittura. Scrive “Il fuoco della verità”, primo atto della saga scozzese dei Mac Talbot, auto pubblicato nel gennaio 2015. Il suoi racconti, “Cocktail d’amore” e “La speranza”, sono inclusi nelle raccolte EWWA, “e dopo Carosello tutte a nanna” e “Italia, terra d’amori, arte e sapori”.
ESTRATTI
La
tenda si mosse, sollevata dalla brezza mattutina e l’odore salmastro s’insinuò
nella camera da
letto. Aprì gli occhi e rimase a fissare il movimento lento
delle pale sul soffitto. Coperto da un lembo di lenzuolo, si ritrovò
intrappolato dietro la schiena della sua compagna. Tentò di muovere la gamba
senza riuscirci. Il muscolo sembrava atrofizzato sotto il peso dolce della
donna. Aveva trascorso la notte in quella posizione, quasi in catalessi. Non
ricordava molto della sera precedente, a parte che entrambi avevano alzato il
gomito e si erano persi l’uno nel corpo dell’altra in una serie di amplessi,
come tutte le sere. Almeno così credeva; la prova lampante era il bruciore dei
graffi sulle braccia e dietro la schiena e il succhiotto al lato del collo
della sua bella. Chiunque al suo posto si sarebbe considerato beato, ma non lui
che invece continuava a sentirsi inquieto senza motivo. In effetti, non gli
mancava nulla: possedeva una casa, un lavoro, una donna… Ma non gli bastava. Si
considerava un bastardo, incapace di amare e di essere fedele e lo dimostrava
ad ogni occasione. Non erano poche le volte, infatti, in cui si ritrovava tra
le cosce della ragazza di turno. Da mesi non era più lo stesso, l’ansia lo
stava divorando. Il vuoto che sentiva dentro doveva essere colmato o non si
sarebbe sentito in pace. Allungò la mano sul comodino e prese l’orologio. Era
ora di alzarsi. Con un leggero movimento si staccò dalla donna che si girò
verso di lui senza svegliarsi. Prima di tirarsi su le accarezzò il seno florido
che ora aveva davanti agli occhi, indugiando sul piccolo livido vicino al
capezzolo sinistro. Lei si lamentò piano. Un ghigno gli apparve sul volto
coperto dalla barba folta. Quanto avrebbe voluto farla godere ancora! Non c’era
tempo, ci avrebbe pensato al suo ritorno. Doveva andare. Raccolse il bastone da
terra e si alzò. Aveva un viaggio da affrontare e un lavoro da portare a
termine.
***
Damian
si sedette, doveva dirgli tutto. «Non è così che intendevo portare avanti la
nostra relazione. Quando abbiamo iniziato, non avrei mai pensato di arrivare a
tanto. Non volevo farti soffrire…»
«Ah,
questa sì che bella! E allora perché me lo stai dicendo? L’ignoranza in questi
casi aiuta a vivere meglio, non ci hai pensato?»
Sarebbe
bastata una parola, ribadirgli che era lui l’uomo che desiderava da una vita,
per placare gli animi. Eppure Damian non lo fece. Si limitò a fissare quel
corpo teso allo spasimo, sudato e perfetto, desiderando con ogni fibra del suo
essere di farlo suo. Che verme! In piena tragedia era quello il suo pensiero?
Come era diventato così cinico? Sputò un’imprecazione disprezzandosi fino in
fondo.
***
Lasciati
andare, Chiara. Stanotte ci siamo solo noi due, vuoi?» le sussurrò all’orecchio
e ancora una volta la sua vicinanza le scatenò una reazione strana e
inaspettata. Le mani calde le incendiarono la pelle anche attraverso il sottile
cotone del vestito.
Trattenne
il fiato per un momento, ma gli occhi del suo accompagnatore la convinsero ad
accettare l’invito. Con naturalezza gli avvolse le braccia intorno al collo
lasciandosi guidare.
«Posso
farti una domanda?» gli chiese e nell’alzare la testa, inspirò l’effluvio aspro
e speziato della sua colonia costosa.
«Tu
puoi chiedermi tutto quello che vuoi, a questo punto.»
***
Brian
l’aiutò a vestirsi. «Non avremmo dovuto.»
«Lo
so, ma è stato bello. Tranquillo, sarà il nostro piccolo segreto.»
Il
loro piccolo segreto? Era stata solo una grande sciagura, un’immensa sciagura
dalle dimensioni epiche.
***
«Non
vuoi sapere come sta Chiara?» Damian cambiò tono. La sorella aveva appena
finito di dettare a Sophie per telefono il promemoria da aggiungere all’ordine
del giorno del CdA.
«I
tuoi messaggi sono stati esaustivi» rispose senza alzare lo sguardo. Aveva di
nuovo preso le distanze e a Damian non rimase altro che alzare la voce.
«Gladys!»
Stavolta
lei lo guardò. «Lo so come si sente. Soffro anch’io.»
«Allora
perché non mi chiedi sue notizie? Perché non la chiami tu. Le farebbe piacere.»
«Oh,
per l’amor del cielo, Dam. Che cosa dovrei dirle, “come stai”? È stupido, non
ti sembra? Mi spiace ma preferisco aspettare.»
Damian
ci pensò su per qualche istante; sua sorella non aveva tutti i torti, ma la
situazione doveva cambiare. «Comunque Chiara non ci ha tagliato fuori dalla sua
vita» aggiunse per tranquillizzarla. «Vuole solo del tempo.»
Il
viso della sorella non tradì alcuna emozione, ma lui la conosceva bene, sapeva
che dietro la maschera di ghiaccio, si agitava una tempesta di sentimenti che
non era facile tenere a bada. Se solo si fosse lasciata andare, ne sarebbe
uscita distrutta. Gladys ispirò a lungo ed espirò con molta lentezza, si
avvicinò alla grande vetrata e guardò il cielo. Il sole brillava alto. Si voltò
e tornò a sedersi. Portò il bicchiere alla bocca, la mano stava tremando.
***
Damian
si era dimostrato distante, aveva raccontato la mattinata passata con gli
avvocati, come se fosse stata la solita routine, guardandosi bene dal
rivelargli, invece, quali fossero state le sue sensazioni. Era sicuramente un
comportamento strano. Il campanello d’allarme, però, suonò forte e chiaro nel
suo cervello quando lo vide alzarsi da tavola, dopo aver congedato i domestici,
e raggiungere il mobile bar. Damian riempì un solo bicchiere di scotch, il suo.
«Chiara sta bene, dopotutto. Tra un paio di giorni dovrò tornare da lei per
portarle i documenti da firmare e te la saluterò, se vuoi.»
Dio
quanto avrebbe voluto essere quella porzione di cristallo che stava poggiando
sulle labbra; lui ancora non aveva avuto il privilegio di baciarlo. Già, perché
mai? Senza rivolgergli lo sguardo, Damian ingurgitò quasi tutto d’un fiato il
contenuto del bicchiere con una tale eleganza che il suo cuore ribadì, in quel
preciso momento, quanto amasse quel gigante biondo.
***
L’altro
sembrò leggergli la mente e inesorabile, calò la mannaia: «Com’è il suo
sapore?»
Brian
si sentì gelare il sangue. Rivolse lo sguardo in alto e scorse il tormento, lo
sdegno e la passione alternarsi sul volto di Damian. Si sentì morire.
«Che
gusto ha il sapore del tradimento Brian?» Anche se la voce non era ben ferma,
il messaggio gli arrivò preciso: lo stava punendo.
***
Damian
raccolse da terra il tovagliolo e lo usò per ripulirsi. Vide lo sguardo
addolorato e voglioso del compagno che nel frattempo si era voltato; il suo
viso colpevole aspettava una spiegazione o una parola che non aveva nessuna
voglia di concedergli. Richiuse i pantaloni, lasciandolo senza soddisfarlo.
Prima di allontanarsi gli gettò addosso il pezzo di stoffa e lo sbeffeggiò: «Ti
servirà, se vorrai finire il lavoro.» Sulla porta si fermò con la mano sulla
maniglia. «La serata si è conclusa, vado a letto. Se vuoi restare o no, non mi
interessa.» Si congedò senza guardarlo in faccia, non c’era più niente che lo
trattenesse.
***
L’intera
stanza scomparve. Si mosse verso di lui e senza una parola gli accarezzò i
contorni del tatuaggio sul torace nudo. Il serpente sembrò vibrare sotto le
dita. Il tocco sulla pelle umida la riscosse, così alzò gli occhi offuscati dal
pianto verso quelli di smeraldo di Damian restandone affascinata. Sotto il
riflesso giallastro della lampada accesa sul comodino, non aspettò l’invito.
***
«Matt,
andiamo, è tardi. Sai cosa mi aspetta oggi. Ti prego non ricominciamo.» Niente
da fare, la mano le stava fondendo la coscia. Tentò la carta della seduzione:
voltò la testa e lo salutò sfoggiando il suo sorriso migliore. Conosceva bene
il suo “pollo” e se avesse potuto, avrebbe scommesso sulla sua vittoria. Matt,
infatti, rimase quasi abbagliato, con un'espressione che era un misto di
sofferenza e peccato, ma non allentò la presa: c’era un pegno da pagare e lo
sapeva. Lo vide sollevare il lenzuolo di seta color lavanda. Il ghigno sul suo
viso preannunciò cosa stesse per accadere. Fingendo un’esasperazione che non
provava affatto, ammiccò salendogli sopra, pronta a cavalcarlo; se avesse
giocato bene le sue carte, sarebbe uscita di casa in tempo.
***
Matthew
alzò lo sguardo verso di lei che stava ritta sulla porta e per Gladys fu come
essere investita da un raggio di sole. Ogni cellula del corpo si scaldò,
tornando a nuova vita. Gli corse incontro senza dargli il tempo di capire e lo travolse,
buttandoglisi addosso. Il bacio che gli scoccò sulle labbra la lasciò senza
fiato. Due forti mani la bloccarono per le spalle allontanandola quel tanto da
dar modo a un paio di occhi indagatori e stupiti di scrutarla con attenzione.
Lui la stava soppesando, cercando di individuare chissà quale strano motivo
avesse scatenato quell’assurda accoglienza. Gladys si godette il momento,
dopotutto non le sembrò così spiacevole abbandonare il solito freddo
comportamento, anzi. Ma cosa stava succedendo? Matthew, dopo aver rivolto
un’occhiata incredula a Rudolph, l'aveva piantata in asso per uscire dal
portone. Ma che diavolo? Non passò molto ed eccolo di nuovo rientrare e
avvicinarsi a lei con circospezione. Nonostante sembrasse ce la stesse mettendo
tutta per rovinarle il momento, c'era ben poco da fare. Ferma al centro del
foyer, a braccia conserte e con un sopracciglio sollevato, attese che Matt
finisse la sua pantomima.
Gleason
annuì guardandosi intorno. «Eh già, questo è il castello Mac Talbot, non ci
sono dubbi così come oggi è venerdì, quindi non ho sbagliato casa. Allora
dimmi, Rudolph, sono forse impazzito o stasera c’è qualcosa di diverso qui
dentro?»
«Se
posso permettermi, Signore, lei ha ragione. Purtroppo però non ne conosco le
motivazioni per cui non le chieda a me, non saprei dargliele.» Lo sguardo dei
due uomini si posò su di lei. Gladys cominciava ad averne abbastanza. Era quasi
tentata di non rivelare la novità, ma la gioia che le stava facendo esplodere
il cuore era tanta da far passare in secondo piano, o forse rimandare, il
proposito di ucciderli entrambi.
«Siete
due idioti e tu…» puntò il dito sul petto del suo uomo con tanta forza da farlo
arretrare, «… tu sei anche peggio. “Eh, già! Questo è il castello Mac Talbot!”
… ma falla finita! Sapete che vi dico? Restate pure qui a prendermi in giro. Io
vado a cenare.» Girò sui tacchi a testa alta ma non si mosse. Contò fino a tre,
confidando nella prevedibilità di Matt. Come previsto, la mano forte e callosa
le afferrò il braccio. Si ritrovò così faccia a faccia con il suo bellissimo e
sexy detective, tanto vicino da farle desiderare di rubargli un altro bacio.
***
«Dimmi
almeno il tuo nome. Non ci siamo nemmeno presentati. Non vuoi sapere chi ti
stai facendo?», gli chiese la ragazza con un filo di voce.
«Davvero
ti va di parlare? Pensavo non volessimo perderci in chiacchiere.»
Le
rivolse un’occhiata interrogativa e per tutta risposta lei alzò di più la gamba
avvinghiandola intorno al fianco, rendendogli così più facile l’entrata.
***
«Muoio
dalla voglia di baciarti, Dam, non ho chiuso occhio la notte scorsa per pensare
a quando ti avrei rivisto. E stamani, appena sveglio, ero talmente duro che mi
è bastato sfiorarmi. Sono venuto urlando il tuo nome. Cazzo, che altro devo
fare per riavere la tua attenzione?»
Era
troppo. Damian, con una mano dietro la nuca, l’attirò a sé e senza chiedere
permesso lo baciò come se da quel contatto dipendesse la sua vita. Il suo
sapore sulla lingua bastò a far sì che il corpo si risvegliasse e la mente
smettesse di opporsi. Lo aveva desiderato da una vita ed ora non voleva
perderlo, tanto che la presa al collo diventò ferrea. Con il corpo schiacciato
contro quello di Brian, Damian gli dimostrò di essere pronto e quanto lo
desiderasse.
***
Damian
strinse le palpebre, ormai perso. Non poteva chiedere di meglio. La mente si
offuscò e il corpo avvampò come un tizzone ardente. I colpi diventarono
frenetici, i nervi crepitarono e i muscoli si tesero fino allo spasmo per poi
sciogliersi in un orgasmo travolgente. Gridarono insieme crollando l’uno
sull’altro, sudati e sconvolti.
«Non
puoi lasciarmi» la voce di Brian era quasi una supplica.
«Non
posso averti» gli fece eco Damian. E il loro mondo crollò.
***
«Adesso
tu te ne vai a casa, fai pace con quella donna meravigliosa dalle gambe
mozzafiato… - alzò la mano per bloccare la replica piccata del detective. Aveva
intuito la reazione dall’espressione furente della faccia e dal colorito acceso
della pelle del collo. Sì, lo conosceva bene. - … e fai in modo di rilassarti
come ha prospettato lei. Tutto il distretto fa il tifo per te.»
«Che
cazzo dici, Mitch, sei impazzito?» Matthew ringhiò al limite della
sopportazione, ma l’altro lo convinse ad alzarsi dalla sedia e, spingendolo
all’uscita, gli fece capire che non avrebbe tollerato di vedere la sua brutta
faccia per quella giornata. «Sono di turno stanotte, quindi se ci saranno
novità, ti chiamerò, non dubitare. Ehi Matt…»
Gleason
si voltò dopo aver aperto la porta. «Che c’è?»
«Rendici
fiero stanotte, figliolo!»
«Vaffanculo,
Mitch.» Fu accompagnato da un coro di risate e sghignazzi degni di una bettola
in periferia. Che stronzi!
***
«Sono
io, sono arrivato.» Chiuse gli occhi, ormai non poteva più tirarsi indietro e
schiacciò il tasto. Il portone si aprì e dal primo piano sentì i passi
dell’ospite riecheggiare nell’atrio. Scese le scale con il sorriso sulle
labbra, ma quando il viso stupendo del cognato le sorrise di rimando, tutto il
coraggio sparì, lasciandola senza più difese. Il cuore saltò un battito e il
fiato le si mozzò in gola, «Roscoe…» sussurrò rimanendo sconcertata. La mano
sulla bocca non riuscì a evitare il suono soffocato di un singulto. Fermo nel
cono d’ombra dell’ingresso, c’era un fantasma, il suo Highlander. La visione
però lasciò il posto ben presto alla realtà, e quando Damian fece un passo
verso di lei, la luce della lampada rese splendente il colore dorato dei suoi
capelli.
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