Titolo : Giada. Un amore colpevole.
Autrice:
Anna Chillon
Genere:
Erotic Romance
Editore:
Self published
Prezzo
Kindle: Ebook 3,90,
cop. flessibile 11,90 Amazon
Non ero pronta per lui, ma questo non gli importò.
Entrò come un tornado nella mia vita,
la stravolse spezzandomi il fiato
e mi rese donna,
a dispetto di tutto e tutti.
* * *
Il giorno del mio diciottesimo compleanno, spiando quel ragazzaccio condannato ai lavori socialmente utili, pensai che la vita stesse per sorridermi, lungi dall’immaginare cosa in realtà stesse per serbarmi. Qualcosa più grande di me mi avrebbe presto travolta, scossa alle fondamenta, gettando il mio corpo e il mio cuore in pasto a una persona con l’animo di un lupo selvatico. Per tutti sarebbe stato uno scandalo e una vergogna: nessuno avrebbe compreso, perché nessuno conosceva le molteplici verità che quel lupo era stato così bravo a celare.
Forse un cuore, seppur logoro, l’aveva anche lui.
E forse, se avessi lottato e ignorato le apparenze, prima o poi lo avrei scoperto.
Entrò come un tornado nella mia vita,
la stravolse spezzandomi il fiato
e mi rese donna,
a dispetto di tutto e tutti.
* * *
Il giorno del mio diciottesimo compleanno, spiando quel ragazzaccio condannato ai lavori socialmente utili, pensai che la vita stesse per sorridermi, lungi dall’immaginare cosa in realtà stesse per serbarmi. Qualcosa più grande di me mi avrebbe presto travolta, scossa alle fondamenta, gettando il mio corpo e il mio cuore in pasto a una persona con l’animo di un lupo selvatico. Per tutti sarebbe stato uno scandalo e una vergogna: nessuno avrebbe compreso, perché nessuno conosceva le molteplici verità che quel lupo era stato così bravo a celare.
Forse un cuore, seppur logoro, l’aveva anche lui.
E forse, se avessi lottato e ignorato le apparenze, prima o poi lo avrei scoperto.
Ciao, Rumorine!
Questa volta mi ritrovo nella Città eterna, immersa in
un’atmosfera nabokoviana.
Giada è una diciottenne che vive in maniera insofferente e apatica le regole del
microcosmo familiare; è affamata di vita e di esperienze, cela un fuoco che
aspetta solo di essere alimentato. Si trascina lungo le piatte mura familiari
come una semplice comparsa ma, nell’intimità del suo spazio personale, vive di
aneliti e voglia di sperimentare qualcosa di cui non conosce il sapore ma ne
brama l’effetto.
“C’era un essere
dentro di me che si ribellava, voleva fare di testa propria e aveva una gran
voglia di fuggire.”
Vincent è un fotografo quarantatreenne, amico di vecchia data del padre di Giada, profondamente
diverso dallo stesso come il giorno dalla notte. È un vicino di casa eccentrico,
balzano e ombroso che non perde mai occasione per dedicarle battute sardoniche
e caustiche.
Questo ménage familiare, caratterizzato dai ruoli
asettici dei protagonisti, si procrastina secondo la medesima modalità sino a
quando, causa forza maggiore, Giada si ritrova ad assaporare, seppur per brevi
lassi di tempo, la piena libertà mentre Vincent viene investito del ruolo di
supervisore.
Il nuovo elemento sposta l’asse su un nuovo equilibrio,
o meglio, genera il caos più assoluto:
è lo scontro tellurico tra la natura dei due personaggi che riescono a disfarsi
delle rispettive maschere rivelandosi reciprocamente.
“Una distanza di
sicurezza era cresciuta tra noi con l’avanzare dei miei anni. E adesso che non
c’era più, che io l’avevo infranta con la mia sfrontatezza giovanile, la
tragedia si respirava già nell’aria.”
E la realtà, declinandosi in weekend veloci e senza
innocenza, appare cruda, scarna, depauperizzata dalle etichette, dai ruoli,
dalla linea di confine tra ciò che è lecito e ciò che è inammissibile, tra il
confacente e il riprovevole.
“Che
Dio avesse pietà di me, di lui e dell’enorme pasticcio che avevamo combinato.”
L’inverecondia di Giada spinge Vincent in un angolo e l’odore
della disfatta permea l’aria in tutta la sua famelicità.
“Mai mettere alle strette un cane selvatico, o non avrà pietà
quando ti azzannerà al collo.”
Ed è
questo che fa Vincent. Lui è dolore e possesso. Trascina la ninfa nella sua giungla: un reticolato di cicatrici in
cui l’amante appare buio e rassicurante, immorale e agognato, sbagliato ma
inevitabile. È una fiera che risponde impietosamente all’urlo selvaggio della
sua Pieride. La soggioga con la sua malia, la getta sul fondo riversando tutta
la sua bestialità, la venera e la strappa, le offre respiro ma si appropria
della sua spensieratezza.
«Smettila di trattenere il respiro.»
«Smettila tu di togliermelo.»
Ma
il lupo, alimentando la sua ferinità, rivela il suo vero volto: un uomo logoro,
fatto di carne e sangue, che anela al suo piccolo angolo di paradiso. E Giada
non rappresenta la vittima della sua mostruosità. È il suo tormento. È il suo
modo di scegliere tra rimpianto e rimorso, rinunciando al resto del mondo.
«Davvero
sono il tuo attimo di paradiso?»
«No,
sei una serie infinita di attimi di paradiso. E il mio inferno.»
Ho avuto il piacere di entrare nel mondo
della Chillon in più occasioni e, ogni volta, mi perdo in un groviglio di
emozioni polarizzate. I suoi plot e i suoi personaggi, principali e secondari,
non si piegano mai alla superficialità dell’ordinario. La sua penna elogia le
deformità emotive rinunciando alle maschere dell’ovvio. Questa predisposizione
d’intenti permea ogni antro dell’universo
“chilloniano”: la caratterizzazione dei personaggi, la narrazione,
l’erotismo stesso. Quest’ultimo non si eleva a mera lussuria ma diventa folle,
ineluttabile, assurdo, necessario, inevitabile, bisognoso. È mancanza d’aria,
subbuglio nello stomaco, gemiti e formicolii. I protagonisti entrano gli uni
negli altri ed escono rapendo un pezzetto dell’essenza dell’altro. Sono uguali
ma in fondo diversi. E la verità si può comprendere del tutto solo rinunciando
al vacuo bisogno di incasellare la vita nella dicotomia del giusto\sbagliato e
abbandonandosi alla propria natura.
Ma questo romanzo non è solo la fotografia
di un rapporto famelico e inevitabile. Ad un secondo livello è soprattutto
l’elogio di una diversa forma di amore, l’amicizia. Un sentimento che non si
alimenta di frasi ad effetto o abbracci, ma di azioni silenti perpetuate a
discapito della propria natura, senza un pubblico celebrante. Il lupo arriva a
imprigionare se stesso per omaggiare il sentimento che lo lega al suo amico,
Aron, padre di Giada. E, alla luce di questo assioma, è possibile comprendere
ancor meglio l’ineluttabilità del suo sentimento verso la ninfetta: Vincent è
pronto a rinunciare al compagno di una vita, alla sua “mano”, per Giada, per un
amore che non ha passato, futuro ma solo “l’adesso”.
Prendere o perdere. È questa la vera scelta.
Fare
una passeggiatina nella zona selvaggia della vita o accettare ruoli
precostituiti delegando ad altri la possibilità di scegliere il nostro
“necessario ed effimero”.
È
questo il leit motiv della Chillon, una scrittrice poliedrica e sferzante, che
ho visto passare da uno stile all’altro quasi in punta di piedi, con una
naturalezza disarmante e magnetica.
Non
so voi, Rumorine, ma io decido di perdermi nella “giungla”. Forse riesco persino ad incontrare Alakim e Muriel…e
perché no, anche Niccolò.
“Won't you follow me into the jungle?”
XOXO,
Nanà.
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