Un libro e una serie tv che tutti i ragazzi dovrebbero leggere e vedere...
Titolo: Tredici
Autore: Jay Asher
Editore: Mondadori
Genere: Young adut
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DA QUESTO ROMANZO LA SERIE ORIGINALE NETFLIX
"Ciao a tutti. Spero per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia della mia vita. O meglio, come mai è finita. E se state ascoltando queste cassette è perché voi siete una delle ragioni. Non vi dirò quale nastro vi chiamerà in causa. Ma non preoccupatevi, se avete ricevuto questo bel pacco regalo, prima o poi il vostro nome salterà fuori... Ve lo prometto."
Quando Clay Jensen ascolta il primo dei nastri che qualcuno ha lasciato per lui davanti alla porta di casa non può credere alle sue orecchie. La voce che gli sta parlando appartiene a Hannah, la ragazza di cui è innamorato dalla prima liceo, la stessa che si è suicidata soltanto un paio di settimane prima. Clay è scolvolto, da un lato non vorrebbe avere nulla a che fare con quei nastri. Hannah è morta, e i suoi segreti dovrebbero essere sepolti con lei. Ma dall'altro il desiderio di scoprire quale ruolo ha avuto lui nella vicenda è troppo forte. Per tutta la notte, quindi, guidato dalla voce della ragazza, Clay ripercorre gli episodi che hanno segnato la sua vita e determinato, in un drammatico effetto valanga, la scelta di privarsene. Tredici motivi, tredici storie che coinvolgono Clay e alcuni dei suoi compagni di scuola e che, una volta ascoltati, sconvolgeranno per sempre le loro esistenze.
“I giovani, anche se non sempre
ne sono consci, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che
costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si
aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella
prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni
rendendole esangui.”
Il sociologo Umberto
Galimberti fotografa esattamente il leit motiv di queste pagine: un vuoto
che, come in uno stillicidio, si
infiltra nelle crepe di un’anima, la soggioga, la divora fagocitandone i colori,
i sogni e le speranze, e la affoga, lasciando dietro di sé solamente
desolazione e l’eco di un domani che non esiste più.
Un futuro senza domani, che contempla solo
la parola fine. Sigillare dunque con la cera lacca ogni crepa dello spirito
che, alieno e avverso, non ha saputo stare in questo pazzo mondo. Spegnere ogni
emozione, sentimento, raziocinio, anche il minimo sprazzo di lucidità in nome
di un silenzio che azzittisca la banda di voci assordanti nella testa, quelle
voci da cui tutto ha avuto inizio, che come un mantra in ritornello ripetevano:
Vox populi, vox dei. Ma una voce può
essere la bocca della verità, o è soltanto una narrazione artefatta per rendere
più succulenta una storia?
“Era come
se dovessi fermare il mondo intero. Come se le cose
fossero ormai fuori
controllo da così tanto tempo che qualunque gesto io
compissi non
aveva più alcun peso.
E non ce la
facevo più a sopportarlo. Questo peso. Volevo che il mondo si fermasse… che
finisse.”
Chiudiamo gli occhi e possiamo vedere Hannah camminare lungo i corridoi della
sua scuola, attraverso anfratti che simulano il dedalo emotivo in cui è stata spinta dalle mani ree di amici e
conoscenti, persone che hanno deviato il corso della sua esistenza secondo la
logica del “tutto agisce su tutto”.
Perché anche una singola frase o il bisbiglio più dimesso possono acquistare
l’impetuosità di un uragano e “s-travolgere”
la verità. Persino decidere di “non agire” si tramuta in azione: le bugie si
stratificano e diventano realtà e non è più possibile discernere le une
dall’altra. E, in questa sottile linea di confine tra il “non ancora” ed l’
“ormai”, la mente di Hannah perde ogni speranza ma acquisisce una
consapevolezza: l’accettazione della
propria resa e il desiderio di rivalsa, un ossimoro di forze che, come una
sorta di nemesi, si abbatte sui fautori di questo triste epilogo assegnando ad
ognuno il proprio fio.
Sette
audiocassette numerate, tredici lati di racconti che srotolano una verità
celata da una matassa ingarbugliata di
versioni differenti della realtà, quest'ultima contraffatta da esigenze
spicciole ed egoistiche, con la leggerezza disarmante e con l'inconsapevolezza
dell'impatto profondo che può avere ogni voce e apparenza sull'essere umano,
tanto più se ha un background franoso. Hannah è nuova in città, e cerca solo di
farsi accettare dal giro di amicizie con cui quotidianamente condivide banchi
di scuola, party, confidenze e prime cotte. Cosa potrà mai esserci di
pericoloso e deleterio? Un primo ed innocente bacio su di una giostra è forse
fonte di terrore? Una lista di ragazze più o meno avvenenti può avere danni
collaterali irreversibili? È mai possibile che un'amica ti trapassi come un
caterpillar per il suo banale tornaconto? E un maniaco della fotografia quanta
paura può generare? Un incontro pomeridiano tra ragazzini in una caffetteria è
per caso sinonimo di atto osceno in un luogo pubblico? E una festa fra liceali
a quali conseguenze funeste potrà mai condurre? Apparentemente, e sottolineo
apparentemente, si riduce tutto ad una sciocchezza, alle tipiche bravate dei
teeenagers, alle loro fantasiose versioni dei fatti. La verità è però,
tutt'altra cosa:
"Insomma cos’è che volevate di
preciso? Perché io ne ho sentite talmente tante che non so nemmeno più quale
sia la versione più accreditata. Ma so per certo qual è la meno accreditata
in assoluto. La verità.Ora, la verità non ve la scorderete più."
La verità e il suo potente, magnetico, e
nucleare effetto domino.
E
questa verità piomba nella vita di Clay
attraverso una scatola ed il mondo cambia fisionomia: i suoi ricordi, i suoi
compagni, la sua storia. Armato di un vecchio walkman e di una piantina,
adempie al suo compito con ossequioso quanto empatico rispetto ed assiste
inerme ad un epilogo già preannunciato mentre le pareti intorno a lui sembrano
ineluttabilmente sgretolarsi. Bloccato in questa impasse emotiva, Clay non può far altro che osservare le colpe
degli altri, domandandosi quale lato di queste cassette lo metterà alla gogna.
“Regola numero uno: ascoltare. Regola
numero due:
consegnare il pacco agli
altri. Mi
auguro
solo che nessuna delle due
sia troppo facile per voi.
Una volta che avete finito di ascoltare tutti e tredici i
lati – perché
ogni storia ha tredici lati – dovete riavvolgere le
cassette, rimetterle
nella scatola e consegnarle alla persona che viene dopo
di voi nel racconto.
E tu, fortunato numero tredici, sei liberissimo di
portartele con
te
all’inferno.”
Il romanzo de quo potrebbe, di primo acchito, urtare la
sensibilità di qualcuno per la delicatezza del tema trattato e per la sorte che
riserva alla protagonista. In realtà lo
scrittore, attraverso la delineazione dei due personaggi principali, offre una duplice visione della problematica in esame:
Hannah incarna una solitudine
frammentata che desertifica amori, che estingue future creatività e si tramuta
nell’insignificanza dell’esistere. È un silenzio che cela un rumore assordante,
è una desolazione che ha privato l’anima di ogni speranza; Clay rappresenta l’indicibile sofferenza del “sopravvissuto”,
costretto ad assistere come Sisifo ad una disfatta annunciata. Eppure la sua
volontà perfora l’immobilità della resa; è forza attiva che sgretola il muro
del dolore, guarda negli occhi l’insensatezza del male ed urla la propria
“com-presenza”.
È l’urlo tumultuoso di chi risale in superficie e decide
di respirare. È un costante e quotidiano esercizio di coraggio.
Un allenamento
spartano sulla vittoria della paura. Hannah e Clay, come yin e yang, vengono a rappresentare da un lato l'oscura
accettazione dei pettegolezzi e i condizionamenti che ne derivano, dall'altro
la luminosa presa di conoscenza che la verità, insieme alla vita, sono sopra
ogni cosa, e soprattutto devono essere scevri da ogni influenza. L'autore è
stato molto chiaro, seppur a volte tortuoso nella narrazione, nel sottolineare
questi aspetti sopra citati. Come evidente è pure la sua apprezzabile capacità
di assumere una svizzera posizione super partes, raccontandoci una storia senza
lasciar trapelare giudizi di alcun tipo, senza puntare il dito inquisitorio
contro. Jay Asher, come Giuseppe
Pellizza da Volpedo dipingeva Il quarto Stato, raffigura, nudo e crudo,
l'archetipo di una generazione annichilita da un lassismo spaventoso, sedotta
da facili popolarismi e abbandonata da intelligenti voci fuori dal coro. Il suo
obiettivo quasi fotografico, ha comportato una
scrittura seducente ma intricata, scandita da un affiancamento quasi
sovrapposto della descrizione postuma di Hannah e dei pensieri di Clay. Quindi
un mescolarsi fra una confessione toccante e allo stesso
tempo accusatoria, e un turbinio di emozioni tra lo sconforto più puro e la presa di coscienza più schietta. Un’ impresa
di non scarso rilievo laddove si voglia considerare la parte esopica della
vicenda che, fate attenzione, non è volta a recriminare la mancata accortezza
dei genitori o la colpevolezza dei coetanei, né a condannare la scelta discutibile
della protagonista, ma è piuttosto mirata a tagliare le gambe alle bugie e al
loro cumulo insopportabile.
Eppure questo romanzo potrebbe non esaurire
la sua funzione nella mera lettura. A nostro avviso rappresenta un valido ausilio per la scuola,
istituzione che nel mondo adolescenziale tende a sostituirsi alla famiglia per
innate esigenze. Dinnanzi ad un problema che rappresenta la seconda causa di
morte tra i giovani sotto ai venticinque anni di età, questa istituzione ha
l’onere sociale di vedere oltre il deserto emotivo che caratterizza lo scenario
adolescenziale odierno, avvertire la distanza che il ragazzo pone tra sé ed il
mondo e colmarla non già sostituendola con surrogati in serie, ma inculcando
nello stesso la curiosità per la vita ed il famelico interesse per quel rumore
insensato che può essere l’esistenza. Giacché, come afferma Galimberti, “bisogna
avere il coraggio di vivere fino in fondo anche l'insignificanza dell'esistenza
per essere all'altezza di un dialogo con loro. E solo muovendosi intorno a
questa loro verità, che è poi la verità che tutti gli uomini si affannano a non
voler sentire, può aprirsi una comunicazione.”
“Spero
per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia
della mia vita.
Il mio non è stato un gesto avventato.
Non datemi per scontata… una
seconda volta”
Marianna & Nanà
P.S. Ringraziamo la dolcissima Denise per i meravigliosi
teaser che ha realizzato in pochissimo tempo e con indefinibile bravura!
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