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sabato 28 luglio 2018

Recensione "L'Incantesimo della spada" di Amy Harmon

Ciao Rumors. Oggi Lidia e Bianca, vi parleranno del fantasy L'Incantesimo della spada di Amy Harmon
Titolo: L'Incantesimo della spada
Autore: Amy Harmon
Genere: Fantasy
Editore: Newton Compton Editori
Prezzo: eur 4,99 e cartaceo 12,00

«Deglutisci, figlia. Ingoia le parole, bloccale nel profondo della tua anima. Nascondile, chiudi la bocca sul tuo potere. Non maledire, non curare. Non parlerai, ma imparerai. Silenzio, figlia. Rimani viva».

 Il giorno in cui mia madre è stata uccisa, ha detto a mio padre che non avrei mai più pronunciato una sola parola e che se fossi morta, lui sarebbe morto con me. Predisse anche che il re avrebbe venduto la sua anima e avrebbe ceduto suo figlio al cielo. Da allora mio padre attende di poter avanzare la sua pretesa al trono e aspetta nell’ombra che tutte le parole di mia madre si avverino. Desidera disperatamente diventare re. Io voglio solo essere finalmente libera. Ma la mia libertà richiede una fuga e io sono prigioniera della maledizione di mia madre tanto quanto dell’avidità di mio padre. Non posso parlare o emettere suoni. Non posso impugnare una spada o ingannare un re. In un regno in cui gli incantesimi sono stati banditi, l’unica magia rimasta potrebbe essere l’amore. Ma chi potrebbe mai amare… Un uccellino?

Opinione Lidia

Ciao,  Rumors!
Oggi in via eccezionale, io (Lidia) e Bianca, parleremo di L'Incantesimo della spada di Amy Harmon.
Sia io che Bianca abbiamo una passione comune verso questo genere e ci siamo fidate, senza pensarci molto,  di questo libro.
Lei non aveva mai letto nulla della Harmon, si è buttata a capofitto della lettura a occhi chiusi, anche spinta dalle belle parole sull'autrice, e forse spinta anche dalla mia voglia di capire com'era questo fantasy e di avere una sua opinione.
Abbiamo avuto modo, nelle ultime settimane, di argomentare su questo fantasy che purtroppo non è entrato nelle nostre grazie
Io ammetto che l'autrice non è una delle mie preferite, ma ho letto dei suoi libri e sono rimasta soddisfatta. Lo storico è stato uno dei miei preferiti, ma, purtroppo, perdonatemi, credo che il fantasy non sia esattamente nelle sue corde, almeno, non questo genere di fantasy. 
Sfatiamo il mito che se un'autrice sa scrivere può scrivere di tutto. Perdonatemi, ma non è così. L'eleganza della Harmon, il suo stile unico e inconfondibile, non è sufficiente per diventare scrittori di fantasy. Non sto criticando l'autrice, non lo farei mai perchè ripeto, ho letto altri suoi libri e ne sono rimasta affascinata. Il fantasy è un genere che non tutti possono scrivere. Il fantasy è adrenalina, fantasia, battaglia, sangue, amore, sconfitte e vittorie. L'Incantesimo della spada è stato interessante fino circa la metà della lettura, da metà in poi, è un susseguirsi di cose senza senso, di attimi di noia, di segreti che, chi legge da sempre il fantasy, capisce senza girare la pagina. 
La tensione era praticamente nulla, non so se sia colpa della traduzione, ma ci sono passaggi assurdi con elementi che non possono esserci dentro la storia. Bianca qui sotto vi farà alcuni esempi (vino ecc) che un amante del genere, coglie e non gradisce.
La lettura di questo libro è stata faticosa perchè tutte le scene sembravano ferme, buttate lì, come se arrivassero fino a un punto e poi si fermassero. Mi sta bene la storia d'amore e il sentimento, ma il fantasy va oltre questo. Se ci si concentra solo su questo, non è più un fantasy ma diventa qualcos'altro. Un vero amante del genere può capire quando è un fantasy bello e avvincente e quando non è per nulla così. Se un appassionato non riesce ad immedesimarsi nella storia, qualcosa c'è che non va bene.
Vi faccio un esempio di uno del fantasy che ho letto in questi mesi Il sognatore di Laini Taylor. Un fantasy adrenalinico e frenetico, capace di portarti al limite della fantasia in un viaggio fantastico pieno di emozioni che ti strappano l'anima.
Questo è un fantasy... questo dev'essere un vero fantasy.

Opinione di Bianca.

Eccomi qui a dire la mia sull'ultima fatica edita in Italia dalla Harmon. Avevo sentito parlare di questa autrice, circondata da grande considerazione e stima, ero stata tentata dall'opera precedente, e sono infine capitolata davanti al suo fantasy. Sono stata contenta della mia scelta?
No, non metto in dubbio che la produzione della Harmon contenga vere e proprie perle. Il limite maggiore, per me, è stata la superficialità con cui ha trattato il genere.  Il world building  mi è parso così canonico da essere elementare, la trama è un susseguirsi di attese, sospiri, qualche battaglia condotta secondo uno schema ripetitivo, mentre i personaggi sono un atto di assoluta rinuncia. Scritti in automatico.  Come se una volta assegnati i ruoli la storia fosse già stata scritta.
Lark rientra nella schiera di protagoniste incomprese, in attesa di essere viste per quello che sono da un personaggio (di solito l'interesse sentimentale) dotato di lungimiranza. Lark si vede brutta, benché ovviamente sia bella.  Apparentemente senza peso, nei giochi di potere, nasconde, come da copione, un potere segreto: le sue parole cambiano la realtà e soggiogano le cose. Dirò una banalità ma un'idea del genere poteva venire solo a uno scrittore. Comunque, questa potente maga (che reprime le proprie facoltà in un modo dove il magico è considerato diverso e il diverso viene perseguitato)  per gran parte del libro vaga nei boschi, dorme, si fa vestire dalle ancelle, palpita per il suo lui e cerca di imparare a leggere per poter meglio usare il potere delle parole.

Io non ho capito in che modo una cosa arbitraria come un grafema possa diventare veicolo per dar potere alla parola stessa,  insomma mi è proprio sfuggito il nesso tra l'apprendimento della scrittura e il controllo di un potere basato sulle parole. Ho avuto la sensazione che fosse una trovata, da accettare senza porsi troppe domande. Più sensato il fatto che la rima desse vigore alla parola, da qui il prosperare di una pletora di filastrocche. Purtroppo, è qui è sicuramente un problema di traduzione, le filastrocche sono un po' puerili, poco musicali e a volte un po' troppo sciocchine. Ma magari a qualcuno piaceranno proprio per questo loro collocarsi al confine della fiaba.
Lui, Tiras, è un affascinante uomo di potere, un re, che si distingue subito per la sua sorprendente capacità di cambiare umore.  Questo personaggio, di cui non conosciamo il pensiero, si adegua al tipo di scena che l'autrice ha in mente. Se abbiamo un momento di conflitto, lui è disincantato e cinico, se dobbiamo pensare che ami Lark, lui farà cose che ci dimostrano che la ama. A volte è ombroso, a volte solare, in ossequio a quella tipica fluttuazione dell'umore che pare molto in voga nella caratterizzazione dei personaggi maschili. E, alla radice di tutto, il solito grande, ingombrante, pensoso segreto. Eh sì, pure lui ha il segreto.
E senza rivelarvi nulla, credo che il segreto di Tiras sia uno dei meno segreti e più telefonati di cui abbia mai letto. Viene rivelato intorno alla metà del libro. E okay che per nascondere una cosa bisogna metterla sotto gli occhi di tutti, ma non credo che la regola valga sempre. In una manciata di pagine, all'inizio del libro, l'autrice fornisce ogni elemento per scoprire la verità e questo toglie tensione al momento in cui tutto viene chiarito, perché si tratta di una rivelazione dell'ovvio.
La mia sensazione è  che l'autrice si sia accostata a questa avventura con una leggerezza un po' spericolata, che abbia sottovalutato il mezzo espressivo rappresentato dal genere  e abbia finito per banalizzare tutto. Ci sono molti libri scritti da autrici statunitensi che non amo per questo stesso motivo, originano non dalle letture ma da suggestioni di superficie, magari serie tv, prodotti derivati, videogiochi. È come una recita scolastica in cui bastano una camiciola e un paio di brache e, voilà, il medioevo è servito. 
I personaggi di contorno non mi sono piaciuti. Alcuni sono simili ai caratteristi del cinema,  altri incarnano un ruolo, e sono comunque sempre monolitici. Per esempio il troll che  da sempre veglia su Lark e  il fratellastro di Tiras, nonché suo braccio destro, nella storia fanno esattamente questo: proteggono i protagonisti e ogni loro battuta sarà un commento su qualcosa che riguarda i protagonisti. Sono gli accessori della storia,  meri strumenti.
E poi mettiamoci la fragilità di un mondo inventato in cui tuttavia il confine si lacera e abbiamo l'interferenza del mondo reale, attraverso una contaminazione troppo sporadica per essere meditata, quindi probabilmente frutto di una svista. Per esempio durante i  banchetti si beve il Borgogna. Ma Borgogna non è un sinonimo di vino, bensì  un vino francese che prende il nome dalla zona in cui è stato prodotto. E non si capisce come un vino francese sia arrivato in questo regno. Stesso dicasi delle feste della fecondità in onore del dio Priapo. Perché non inventarsi un dio dal nome pieno di consonati anziché prenderne uno dal pantheon dei greci, dal momento che, presumibilmente, in questo mondo i greci e la Grecia non esistono, esattamente come non esistono la Borgogna, il Borgogna e la Francia?
Il risultato insomma a me è parso superficiale. Questo libro sta ai fantasy che piacciono a me come Fantaghirò sta a Il signore degli anelli di Peter Jackson.

Lidia & Bianca
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